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Gino Paoli a Fabio Fazio: “il protagonista della mia canzone ? un folle malato, ma merita piet

24/01/2009

Il pedofilo protagonista della sua canzone è un matto, un folle malato, che anche se non va perdonato, merita comunque pietà, come tutti gli esseri umani. Questo, in sintesi, il pensiero di Gino Paoli sulla sua canzone Il Pettirosso.

Ospite di Fabio Fazio nella puntata di Che tempo che fa in onda stasera, ha voluto spiegare i motivi che lo hanno spinto a scrivere quel brano, contenuto nel suo ultimo cd di inediti intitolato Storie. Autore di classici della canzone italiana come La gatta, Senza fine, Sapore di sale, Il cielo in una stanza e Quattro amici, il cantautore è stato infatti al centro di numerose polemiche a causa del testo de Il Pettirosso, pezzo che racconta il mostruoso tentativo da parte di un pedofilo settantenne di violentare una bambina di undici anni, morendo subito dopo.

Innanzitutto, nel brano, il pedofilo "cerca di usare violenza", ma "poi non ci riesce", ha spiegato Paoli, che ha aggiunto: "io ho sempre avuto pietà per i vinti. Anche un uomo che ha fatto le cose peggiori, quando si vede per terra, non si prende a calci in faccia. Forse qualcuno avrebbe voluto che la canzone finisse con la bambina che prendeva a calci in faccia il vecchio che stava morendo. Ma non fa parte del mio carattere, non fa parte della mia natura. Quindi credo che un bambino o una bambina abbia ancora questa pietas, questa pietà per chi è vinto, per chi è crollato. Chiaramente il vecchio è un matto, e in questa canzone c’è anche la ricerca di umanità di un matto. Cosa dobbiamo fare dei matti, ucciderli, massacrarli? Esistono due protagonisti, ambedue hanno umanità. Il matto è una persona che va anch’essa, in qualche modo, capita. Non lo sto giustificando né perdonando. Ma in questo mondo si fa troppo presto a giudicare e a condannare, che non si riesce mai a cominciare a capire. Capire è la premessa che non fa succedere certe cose".

Il musicista ha poi voluto sottolineare come il compito dell’arte sia porre l’attenzione su qualcosa, al di là dei giudizi: "io credo che dare una valutazione morale e sociale all’arte in generale sia una cosa che usava molti anni fa, adesso si usa ancora in qualche dittatura e basta. L’arte è emozione", ha proseguito Paoli, "ognuno questa emozione la sente secondo la sua sensibilità: se ha una sensibilità sporca la sentirà in maniera sporca, se è pulita, la sentirà in maniera pulita. Il compito di un artista in fondo è evidenziare un qualche cosa, una domanda. Questa storia non parla di perdono o di giustificazioni".

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